07 giugno 2005

ANT

Mi rendo conto che non è una domanda che uno si pone tanto spesso, ma vi siete mai chiesti che cos’è un atollo?
I primi navigatori europei che solcarono questi mari realizzarono con stupore che l’oceano era costellato di migliaia e migliaia di queste fasce di terra piatte e circolari poste attorno ad incontaminate lagune. Date le grandi profondità del Pacifico – la famosa Fossa delle Marianne si trova non lontano da qui, a nord dell’isola di Guam – i navigatori capirono che gli atolli avevano qualcosa a che fare con i vulcani, ma nessuno di loro fu in grado di formulare un’ipotesi che suonasse plausibile. Per parecchio tempo la teoria più diffusa fu quella che le lagune erano bocche di vulcani sottomarini che arrivavano esattamente a pelo dell’acqua. Anche se la cose non è di per sé impossibile, le probabilità di avere migliaia di vulcani che arrivano a mezzo metro dalla superficie dell’oceano e si fermano lì sono, siamo realisti, praticamente nulle. Eppure per secoli nessuno riuscì a fornire una spiegazione migliore. Almeno finché non arrivò quel genio di Charles Darwin.
Darwin diede senso all’incomprensibile durante uno dei lunghi viaggi intorno al mondo che diedero a lui l’opportunità di osservare e ragionare, e al resto del mondo di godere dei frutti della sua straordinaria perspicacia. È noto che Darwin lasciava ad altri scienziati il compito di dimostrare le sue teorie con esperimenti o analisi scientifiche. Lui osservava, ragionava e poi buttava lì ipotesi mai udite prima che scatenavano proteste e sdegnate smentite. Salvo poi risultare scientificamente perfette.
Fu semplicemente osservando gli atolli durante un viaggio nei mari del sud Darwin capì che laddove vi è ora una laguna circondata da palme vi era un tempo lontano una montagna di origine vulcanica che, in un processo durato milioni di anni, era lentamente sprofondata sotto il proprio peso fino a scomparire. I coralli che crescevano lungo la costa, tuttavia, avevano continuato a moltiplicarsi in modo da rimanere vicini alla superficie dell’acqua e ricevere l’ossigeno e la luce necessari alla loro sopravvivenza, formando un grande anello proprio laddove un tempo vi erano le coste dell’isola. Avete presente gli anelli che talvolta sono esposti in certe gioiellerie infilati su dei piccoli coni? Ecco, immaginatevi che il cono sia la montagna e la barriera corallina in formazione sia l’anello. A poco a poco la punta della montagna sprofonda e quando è sparita del tutto non rimane che la barriera corallina – in pratica l’anello – a circondare una splendida laguna laddove un tempo c’era la parte emersa della montagna – in pratica la punta del cono. Quando poi la barriera corallina in alcuni tratti cresce abbastanza da potersi ricoprire di piante grazie ai semi portati dal vento, ecco che l’atollo è nato. Minuscolo e sperduto, ma pronto a concedersi a qualche essere umano portato lì dalla furia del mare o – cosa molto più probabile – dal sovrapopolamento di un altro atollo.
Pohnpei è per il momento ancora un’isola, ma sta già impercettibilmente sprofondando. Dategli un altro mezzo milioncino di anni e la parte emersa non ci sarà più, e solo la barriera corallina che già la circonda (laddove un tempo vi era la costa originaria) rimarrà a ricordo degli antichi splendori.
Coperta da una fittissima foresta tropicale e coronata dalle inevitabili nuvole, Pohnpei ricorda poco i mari del sud e molto di più le impenetrabilità amazzoniche. Chi vuole godersi un po’ di acque cristalline, spiaggie coralline e palme cariche di noci di cocco deve armarsi di pazienza e trovare il modo lasciarsi Pohnpei alle spalle e visitare gli atolli della Micronesia. Questi di solito distano centinaia di chilometri l’uno dall’altro e raramente sono raggiungibili in aereo. Ma qui a Pohnpei siamo fortunati almeno per una ragione: l’atollo a noi più vicino è visibile dalle colline nei giorni di buona visibilità e si può raggiungere in un’oretta di barca. Unico neo: la barca deve essere relativamente grossa (il mare tra le due isole tende ad essere movimentato per via delle correnti) e avere due motori (lo so, lo so, i locali viaggiano ovunque in minuscole canoe, ma noi siamo creature moderne se il motore si ferma e non ce n’è un altro di riserva ci si ritrova nelle Filippine o in Australia, sempre che si riesca a sopravvivere, e non per scherzo).
Questo atollo a due passi da casa si chiama Ant, e ha una caratteristica assolutamente unica in tutta la Micronesia: appartiene ad una sola famiglia. Un secolo fa Henry Nanpei, il più famoso intrallazzatore (=uomo d’affari+polico) che la Micronesia abbia mai avuto riuscì a comprare metà Pohnpei e l’intero atollo di Ant dai suoi connazionali in cambio di oggetti ridicoli provenienti dal ricco occidente. I colonizzatori tedeschi e giapponesi riuscirono a toglierli la terra a Pohnpei, ma l’atollo è rimasto della famiglia (che ormai conta centinaia di discendenti, inclusa la mia padrona di casa) fino ai giorni nostri. Tutt’ora Ant è una riserva marina e bisogna avere il permesso per visitarlo, anche se nessuno vive in modo permanente sull’atollo (?!?). Stanno anche cercando di trasformarlo in un paradiso ecologico e hanno fatto richiesta di diventare una Bio-riserva, una cosa complicata che è stata concessa solo a tre altri atolli nell’intero Pacifico.
Approfittando del fatto che la mia amica Ryan è venuta a trovarci da New York, sabato scorso siamo andati ad Ant con i nostri amici della marina australiana che hanno la barca adatta. Sunto della giornata: a Pohnpei piove che dio la manda, usciamo in barca e ad Ant brilla il sole, facciamo snorkling per un’ora lungo la barriera all’interno dell’atollo, pranziamo su una spiaggetta incontaminata e torniamo a fare snorkling in una zona ricchissima di vongole gigantesche (40-50 cm) dai colori spettacolari. Il resto, ne sono certa, lo dicono le foto. Crepate d’invidia!

Ancorati all'interno della laguna di Ant guardiamo Pohnpei, sullo sfondo, coperta dalle nuvole.

La visibilita' sott'acqua era perfetta fino a circa 20 metri.

A nuotare viene fame!

La spiaggia scelta per il pranzo. Impossibile non sentirsi Robinson Crusoe!

Il Tenente Colonnello Barry Jones, comandante della marina australiana in Micronesia (e, piu' modestamente, della nostra barca) fa snorkling con il cappello da cow-boy per evitare di bruciarsi (da notare che infila maschera e boccaglio sopra il cappello).

Unici abitanti dell'atollo, decine di "Hermit Crabs" si abbuffano dei resti di una grande noce di cocco.

Matt si riposa dopo il pranzo all'ombra delle palme.

Ryan. La frenesia di New York non e' mai stata cosi' lontana...