29 luglio 2005


Lezione n.3: Non distrarsi!

25 luglio 2005

STATO DI EMERGENZA

Le cose avevano preso una brutta piega già agli inizi di giugno, quando il latte era improvvisamente diventato una rarità sull’isola. Noi eravamo riusciti a cavarcela senza troppi danni – ne avevamo una buona scorta per Sebastian e quando quella era finita, amici generosi ci avevano passato le loro preziose riserve. Poi eravamo partiti per l’Italia, accantonando per settimane i problemi di approvigionamento alimentare.
Al nostro ritorno con un cooler pieno di formaggi e affettati (che la baby-sitter si è mangiata per metà... sto’ giro la licenzio sul serio) avevo capito subito che la situazione era tutt’altro che rosea. L’indizio più grave: al supermercato non c’erano più nemmeno le cipolle. Tenendo conto che le cipolle non sono mai mancate, la loro assenza significa una sola cosa: è stato di emergenza. Chiunque asserisca che la cucina italiana è basata sulla pasta non ha mai provato a mettere insieme due pasti al giorno senza cipolle. In casa nostra abbondano le scorte di pasta, riso e scatolami vari, ma per quanto mi sforzi mi è quasi impossibile cucinare qualcosa di commestibile senza un qualsivoglia soffritto. Sto facendo un uso sproporzionato di aglio – che manca dai negozi ma è casualmente presente in massa nel mio frigorifero – e di una specie di cipollaceo verde secco di origine giapponese. Ma anche questo non basta. Da giorni è impossibile reperire uova e farina, quindi niente pane, biscotti o torte per la prima colazione. Ai miei demoralizzati commenti in proposito, una tipa tedesca che vive a Pohnpei da anni ha risposto scocciata di non vedere il problema: quando mancano gli alimenti base lei nutre l’intera famiglia con vari tipi di fagioli in scatola. Per settimane... Tre volte al giorno... A certa gente dovrebbe essere proibito avere figli (e portarli su un’isola del Pacifico).
All’origine del problema c’è il fatto che la nave che avrebbe dovuto arrivare a giugno è rimasta bloccata alle Isole Marshall per un problema di documenti. Il capitano è stato arrestato, e mentre lui passava i suoi giorni nelle poco invidiabili galere locali, l’intero contenuto di preziose verdure nelle stive della nave è velocemente marcito sotto il sole dei tropici. Come se non bastasse, la nave che doveva arrivare a metà luglio è bloccata in un altro porto da due settimane, e non oso pensare allo stato dei suoi containers.
Com’era prevedibile, né i micronesiani né i maschi della comunità internazionale hanno dimostrato un qualunque interesse per il problema. Mentre noi povere donne occidentali ci torturavamo al pensiero della cena e della mancanza di vitamine per i bambini, loro ascoltavano distratti e borbottavano una qualunque parola di supporto prima di ignorarci di nuovo. Fino alla settimana scorsa. Perchè quando l’arrivo della nave è stato posticipato per la seconda volta, la realtà si è mostrata in tutta la sua immensa tragicità: le scorte di birra sono esaurite. Scosso nel profondo il paese si domanda come questo abbia potuto succedere. E mentre i bar servono sconosciute birre cinesi vecchie di decenni che costano una fortuna l’intera federazione per una volta si trova d’accordo: questo si, che e' stato di emergenza.

19 luglio 2005

CI SONO LUNEDI' E LUNEDI'...

Fruscio d’onde sulla barriera corallina. Spiragli di luce dalla finestra. Sebastian che prima solleva la testa, poi si siede, e infine si assicura che sia sveglia anch’io. Infilandomi le dita negli occhi. È un lunedì come tanti altri; c’è da alzarsi, fare colazione e andare a lavorare. Tutto come al solito, tranne per un dettaglio: non siamo a casa ma su una capanna di legno in via di lento disfacimento, su un minuscolo isolotto a poche miglia da Pohnpei. Sono le sei meno un quarto del mattino. L’aria è tiepida e limpida come ci capita di vederla un paio di volte l’anno, e ha portato con sé un’alba spettacolare che sembra un tramonto. Nel silenzio più assoluto ci godiamo la pace del mattino seduti in riva alla laguna. L’acqua non fa nemmeno una grinza e l’invito è fin troppo allettante. Sebastian si gode il privilegio di iniziare la giornata con un bagno tra le acque turchesi di un’isolotto tropicale e di fare colazione su una minuscola spiaggia di coralli bianchi. Il sole è ancora bassissimo quando mi avventuro in una solitaria nuotata mattutina. L’acqua è più trasparente che mai e gli innumerevoli pesci mi ignorano. All’improvviso uno squalo di barriera che mi sguscia davanti a pelo d’acqua. Un incontro tanto inaspettato quanto sorprendente: questi animali li ho sempre visti da lontano, pigramente adagiati sui fondali sabbiosi, lontano dalla luce e dagli altri pesci. Cerco di seguirlo ma sparisce in un attimo. Mi consolo pedinando un altra creatura mai vista prima, un enorme e stranissimo pesce maculato grande poco meno di me che sembra seriamente affeto da obesità. Tornata a riva mi faccio la doccia con due secchi d’acqua rovesciati sulla testa e preparo la nostra roba. Neanche mezz’ora e siamo sulla barca da pesca che ci riporta a Pohnpei, le acque della laguna più limpide che mai e il sole che annuncia una giornata magnifica. Ma c’è da andare in ufficio...

Il sole fa capolino tra le nuvole.

Un'alba straordinaria che sembra un tramonto.

Sebastian si gode l'alba e le acque calde e immobili della laguna.

Un ultimo saluto a Black Coral e alle sue acque verdi e blu. Bisogna andare in ufficio!

15 luglio 2005


Sogni d'oro tra le nuvole in compagnia dell'inseparabile Rino (sotto le coperte)

Cronache di un viaggio verso il Pacifico

Giovedì. VENEZIA-AMSTERDAM. Il viaggio di ritorno a Pohnpei comincia in odor di scioperi, ma la KLM lavora imperterrita. In compenso inaugura la serie di gentili trattamenti di cui saremo oggetto con la scortesia – tutta italiana – dell’addetta al check-in che mi risponde malamente quando chiedo di spedire i bagagli direttamente a Pohnpei. “Ma signora! Troppi voli, tre compagnie diverse, non si può!” Mi viene qualche dubbio, ma non ho scelta. La compagnia ci imbarca in ritardo e poi ci tiene per 45 minuti dentro l’aereo fermo a motori spenti, senza aria condizionata. Grondiamo tutti come salsiccie sulla griglia e Sebastian seduto sulle mie ginocchia si rovescia addosso mezza bottiglia di succo. Fortuna vuole che il mio temporaneo compagno di sventura sia un fascinosissimo olandese brizzolato che aveva fatto girare la testa a tutte le signore in attesa di imbarcare. Altezza, muscoli e capigliatura a parte, l’uomo si dimostra gentilissimo e decisamente simpatico. Mosso a compassione per il viaggio che mi spetta, il gentiluomo ci offre alloggio (con moglie e figli) e trasporto nel caso in cui perdiamo la coincidenza ad Amsterdam.

Giovedì. AMSTERDAM-SINGAPORE. Corsa forsennata attraverso l’aeroporto. Arriviamo che hanno quasi chiuso le porte. Scopro che l’aereo è pienissimo e tutti i posti con spazio davanti sono già occupati da famiglie con bimbi piccoli. Sarò l’unica persona con un bambino ad avere un posto normale. Il che significa uno spazio irrisorio per due persone da condividere per 13 ore. Con la grazia che lo contraddistingue Sebastian riesce a dormire per quasi tutto il tempo di traverso sulle mie ginocchia e con la testa sul bracciolo. L’equipaggio in compenso non mi degna di uno sguardo, non mi aiuta, non mi chiede se ho bisogno di qualcosa (un cuscino o una coperta in più per il piccolo? un po’ di latte? una mano?) e non risponde a nessuna delle mie tre chiamate con il pulsante dal sedile. Grazie KLM.

Venerdì. SINGAPORE-MANILA. Grazie alla cortesia della tipa scontrosa del check-in a Venezia ho due ore per sbarcare, passare l’immigrazione, ritirare i bagagli, cambiare terminal, rifare il check-in e imbarcarmi di nuovo. Il tutto, naturalmente, con passeggino e passeggero. Ma l’efficienza del posto – unita ad un’altra semi-maratona – permette questo ed altro. Scopro che naturalmente la tipa aveva torto e qualcosa si poteva fare per evitarmi questo brutale cambio... In compenso il volo compensa quello precedente: 1) voliamo Singapore Airlines, la migliore compagnia al mondo; 2) siamo in business class; 3) l’aereo è semivuoto. Hostess dalla bellezza mozzafiato vestite con lunghi abiti tradizionali trattano tutti come altezze reali. Per Sebastian hanno una borsa-regalo con pannolini, salviette, bavaglino e giochi. Imparano il suo nome e vengono a controllarci ogni dieci minuti. Finalmente in grado di allungare le gambe sui sedili che si trasformano quasi in letti, deposito il piccolo su un sedile libero e lí lo lascio a pisolare sui morbidissimi cuscini. E intanto mi godo un pranzo a quattro stelle con tanto di champagne, menù, e piatti e posate vere.

Venerdì. MANILA-GUAM. Un paio d’ore di sosta tra un volo e l’altro ci permettono di sgranchire le gambe. Mentre giriamo per l’aeroporto le hostess del volo precedente vedono Sebastian e deviano per venirlo a salutare. Queste bellezze orientali che sembrano tutte modelle se lo coccolano come se non avessero mai visto un bimbo in vita loro. Lui lancia sguardi maliardi e io divento una fan a vita della Singapore Airline. Dopo tanto dormire, però, il piccolo decide che è ora di darsi al moto. Per le tre ore e ½ del volo, mentre l’aereo è immerso nel buio e tutti dormono, Sebastian cammina imperterrito su e giù per il corridoio parlando ad alta voce, salutanto tutti, urlando “Bah” ad ignari viaggiatori mai visti prima per poi scoppiare a ridere. Incontrollabile, di ottimo umore, vittima di chissà quale dose naturale di endorfine e adrenalina, dopo aver svegliato mezzo aereo non mi resta che chiuderlo nel bagno con me. Imperterrito, continuerà a ridere istericamente fino all’arrivo a Guam.

Sabato. GUAM-POHNPEI. La fase euforica di Sebastian continua all’aeroporto, dove cammina da solo con grande sicurezza avendo cura di salutare tutti, commessi dei negozi compresi. Nessuno degli usuali intrattenimenti – video, libri, giochi – funziona. No, lui vuole socializzare e così passiamo le tre ore fino al volo finale. E per fortuna che al decollo si addormenta di nuovo!

Quando finalmente arriviamo a Pohnpei non mi pare vero! Le ultime fatiche – immigrazione, ritiro bagagli – sembrano irrisorie: tra pochi minuti saremo a casa! Ma... Matt non è all’aeroporto. Aspettiamo, aspettiamo, aspettiamo. Sebastian vuole latte e piange. Alla fine chiamo un taxi che arriva a velocità tutta micronesiana – 45 minuti – e mentre usciamo dal parcheggio ecco arrivare Matt. Al suo sorridente “Ah, siete già arrivati” non rispondo nemmeno parlando. Ringhio. Da notare che a Pohnpei arriva un aereo al giorno. E lui a chi aveva chiesto l’orario di arrivo? Mica alla compagnia aerea, no al ministro dei trasporti in persona. Il quale essendo del posto propabilmente non conosce nemmeno il concetto di “arrivo in orario”. E infatti aveva risposto con un generico “dall’una alle due”. Argh! (Nota: il fatto che Matt abbia accettato la risposta senza fare una piega, lui che in America spacca il minuto, dimostra scientificamente gli effetti devastanti della vita su un’isola del Pacifico).

Ma alla fine ha saputo farsi perdonare. Sebastian non ci poteva credere di riavere il suo adorato papà e i due hanno passato la giornata a rotolarsi sul pavimento. E anch’io mi sono beccata la mia parte di coccole extra. Peccato che la gioia di essere a casa sia stata presto adombrata: Sebastian, vittima del jet-lag, ha scambiato il giorno per la notte. Non è il massimo andare al lavoro quando per tre notti di fila quando il tuo trottolino si sveglia all’una e gioca imperterrito fino all’ora di colazione. E quando ti ritrovi a guardare Dumbo alle 3 e mezza del mattino con qualcuno che vuole che tu dica “elefante” ogni volta che il protagonista compare sullo schermo – in media ogni 10 secondi – beh, a quel punto è impossibile non rimettere in discussione le gioie della maternità.