22 novembre 2005

FESTA DI COMPLEANNO

Ebbene si, il nostro piccolo ha ormai due anni! Li compie venerdi' 25 novembre, ma io parto sabato per Palau e quindi abbiamo anticipato la festa di compleanno di una settimana. Tre giorni di preparativi - cucinare/surgelare il cibo, trovare abbastanza sedie da giardino, dare una ripulita alla giungla che ci circonda e preparare i giochi per i bimbi - ma la festa e' riuscita benissimo per tutti, adulti compresi. Per fortuna la tata di Sebastian e' stata con noi tutto il giorno e quando anche l'ultimo ospite se ne e' andato la cucina era gia' in ordine, ma io confesso che il giorno dopo ho chiesto ad un collega australiano che ha quattro figli come fa a sopravvivere una fatica del genere quattro volte l'anno e lui mi ha confessato che ogni volta lui e sua moglie giurano che e' l'ultima...

Il successo del giorno: la torta con i maialini di marzapane. E' tradizione qui che i compleanni dei bambini si celebrino con grandi feste e il maiale e' immancabile. Scartata l'ipotesi di spendere 1200 dollari per un maiale adulto da arrostire, io ho optato per quelli di mandorle e zucchero. Modestamente, erano proprio carinissimi e non ci ho nemmeno messo tanto a farli!

Con Jo-Jo, la fidanzata ufficiale che gli ha regalato un anello con un pulsante che fa tutte le luci psichedeliche. Jo-Jo e' la figlia unica adottiva del Ministro di Giustizia.

Giocando con le bolle di sapone. Per ogni bimbo avevamo preparato un sacchettino con le bolle, una pistola ad acqua, una trottola, una trombetta e delle caramelle. Un successone!!!

Uno dei regali preferiti, un libro sui "ciu' ciuuuu'" (=treni) che si e' fatto leggere dalla mia collega Lucille...

...e con Marcy, responsabile dei Peace Corps Volunteers in Micronesia.

A fine giornata, con le macchinine vecchie e nuove...

... e controllando l'allineamento. Tutto la mamma geometra!

Questa foto, scattata dalla nostra amica Eileen (che e' un biologo marino) durante l'ultimo dell'anno a Black Coral in mezzo metro d'acqua, era attaccata al suo biglietto d'auguri a Sebastian.

09 novembre 2005

NAN MADOL

Palme. Spiagge. Mari trasparenti. Canoe. Fiori. Noci di cocco. Capanne. Nonostante l’enorme diversità di lingue e culture, le isole del Pacifico richiamano tutte alla mente paesaggi simili tra loro. Uno stereotipo che si basa su un fondo di verità: le isole sono quasi tutte piccolissime, il clima è praticamente lo stesso e la vegetazione è molto simile. Poichè non esistono metalli in natura – in particolare negli atolli, che sono fatti di corallo – praticamente nessuna delle società esistenti ha sviluppato attrezzi in grado di rivoluzionare lavoro e costruzioni. Ecco perchè le costruzioni tradizionali si assomigliano; cambia un po’ la forma e la funzione, ma sono tutte di legno e con un tetto di palme intrecciate. Materiali altamente deperibili in questo clima. Ed è per questo che la parola “archeologia” non si associa comunemente a questi luoghi: ci sono infatti ben poche cose dei secoli passati che la natura non si sia già fagocitata.
Pohnpei, tuttavia, è una straordinaria eccezione.
A sud-est dell’isola, in una parte della laguna dai bassi fondali corallini, giace una delle meraviglie archeologiche più straordinarie al mondo. Un’intera città costruita sull’acqua. Novantotto grandi isole di forma squadrata costruite con roccia basaltica e corallo da cui per oltre sei secoli – dal 1000 al 1600 – la dinastia dei Saudeleurs ha dominato l’intera isola di Pohnpei. Ma l’intera storia di questo luogo mozzafiato – chiamato Nan Madol, “il luogo di mezzo”, con riferimento ai canali che scorrono tra le isole – è avvolta nel mistero.

Mappa della zona del Nan Madol. La citta' e' quella serie di macchioline al centro, circondata da lunghi muri perimetrali.

La pianta della citta'. L'intero sito e' lungo quasi due kilometri e largo poco meno di uno. Al centro, con il numbero 9 c'e' un'isola quadrata con un ovale al centro: era la sorgente naturale su cui si tenevano le anguille, animali tutt'ora considerati sacri dagli abitanti di Pohnpei.
Da che l’uomo ha raggiunto queste terre la storia si è trasmessa solo oralmente. Il Preservation Office dello stato sta trascrivendo la storia orale prima che venga persa per sempre, ma quando i primi europei arrivarono quaggiù Nan Madol era già disabitato da un secolo. Ce ne vollero altri due prima che un ufficiale tedesco si prendesse la briga di trascrivere le storie che udiva, ed altri centocinquant’anni prima che lo stato si desse all’azione.
Per quanto lontana nel tempo e priva di dettagli, la storia orale ha tuttavia trovato svariate conferme negli studi archeologici e negli esami delle rocce al radiocarbonio. Pare che i due fratelli fondatori di Nan Madol – arrivati per mare intorno all’anno 1000 da una non identificata terra ad ovest – scelsero questo luogo come centro religioso, e convinsero parte della popolazione a costruire le prime isole ed edifici. I loro discendenti dominarono Pohnpei attraverso un sistema mezzo religioso e mezzo amministrativo per secoli. Senza bisogno di un solo soldato. Com’è che la gente di Pohnpei – un’isola di ben 355 km quadrati, coperta di montagne e altamente impenetrabile – si sia volontariamente fatta governare da qualcuno relegato su delle isole artificiali rimane un punto interrogativo. La storia orale parla di rispetto per la religione combinato ad uno spirito altamente competitivo tra le varie zone dell’isola che portò gli abitanti a fare a gara per costruire le isole e gli edifici migliori.
Ma, come spesso succede, da dinastia diventò sempre più autoritaria e sfociò nella crudeltà e nella mancata redistribuzione dei prodotti della terra, un peccato mortale laddove la terra è così rara. La storia dice che la dinastia crollò sotto l’attacco dell’eroe Isokelekel, giunto da un’ignota terra ad est con 333 guerrieri. Isokelekel dichiarò la fine della monarchia assoluta e decentralizzò il potere tra cinque Nanmwarki (il più alto titolo tra i capi tradizionali), ognuno a capo di una vasta zona dell’isola. Incredibile ma vero, il sistema esiste tutt’ora.

La natura cresce indisturbata tra le rovine. I Nanmwarki (capi tradizionali) hanno mantenuto la citta' protetta, ma non sapendo esattamente cosa fare hanno lasciato che la natura prendesse il sopravvento. Ma sotto le piante e metri di terra creata dalle foglie depositate c'e' un'intero mondo da scoprire, come confermato dai pochi scavi.
I titoli tradizionali ancora determinano gran parte della vita a Pohnpei. Il titolo di Nanmwarki è solo parzialmente ereditario, perchè si trasmette non di padre in figlio ma all’interno dello stesso clan. E dato che il clan di appartenenza per ogni persona deriva dalla madre, il successore di un Nanmwarki non è suo figlio, ma il figlio della sorella – comlicato, ma affascinante. I Nanmwarki della zona che comprende il Nan Madol sono da sempre membri dello stesso clan, quello discendente da Isokelekel. La moglie di Bill Raynor, il mio capo, è di quel clan ed è quindi considerata “sangue reale”, anche se di una nobiltà fatta di onore e rispetto ma raramente di ricchezze.
I Nanmwarki della zona del Nan Madol sono da sempre i guardiani della città sull’acqua, ed è per questo che queste straordinarie rovine sono giunte fino a noi. La tradizione vuole che si debba chiedere permesso al Nanmwarki per visitare la città. Tale è l’aura di mistero e rispetto che circonda questo luogo che la maggior parte della gente di Pohnpei non l’ha mai visitato e non ha nessuna intenzione di farlo.
La natura ha ovviamente avuto la meglio delle rovine dopo secoli di abbandono. Alberi e piante tropicali crescono ovunque, coprendo intere isole e distruggendo le costruzioni. Studi archeologici ne sono stati fatti pochi in confronto ad altri luoghi, e il posto è tutto da scoprire.

Dr. Rufino Mauricio, l'antropologo/archeologo che ha scritto la tesi di dottorato sul Nan Madol ci guida lungo il sentiero che attraverso la foresta ci porta alla citta'. Uomo di straordinaria conoscenza e cultura, Rufino e' anche membro del governo e capo del team che sta registrando la storia orale.
Il caso ha voluto che io, unica italiana in questo paese, mi sia inaspettatamente trovata coinvolta nel possibile salvataggio di questa che è soprannominata “la Venezia del Pacifico” (a ragione direi!). La scorsa settimana infatti mi sono ritrovata ad una serie meeting con due rappresentanti dell’UNESCO e svariati rappresentanti dei vari stati della Federazione della Micronesia a parlare di possibili siti da candidare per la lista dei “Patrimoni dell’Umanità”. Io unica non-Micronesiana, unica donna e unica rappresentante per il settore natura (i siti possono essere culturali o naturali o misti) sono stata alla fine nominata nel comitato che preparerà le candidature da parte del governo da presentare alla commissione UNESCO a Parigi. I due tipi dell’UNESCO non avevano parole quando siamo andati a visitare le rovine con l’antropologo/archeologo micronesiano che ha scritto la sua tesi di dottorato sul Nan Madol. Non avevano dubbi che se preparata accuratamente la candidatura può passare. La cosa può richiedere anni, ma mi sembra veramente una incredibile coincidenza che io possa dare una mani – per quanto piccola – per salvare un’altra Venezia che rischia di sparire.

Canali scorrono tra le costruzioni. Nonostante gli studi fatti, la provenienza delle enormi pietre basaltiche esagonali usate per le costruzioni e' tutt'ora ignota. La storia orale, purtroppo sull'argomento non e' stata utile.

Niente puo' preparare il visitatore all'improvvisa vista del Nan Douwas, l'edificio piu' grande della citta'. Ogni muro esterno e' lungo 40 metri e contiene altri due muri interni concentrici, a protezione della tomba dei discendenti della dinastia.

Ognuno dei tre muri concentrici dei questa costruzione e' spesso piu' di un metro e mezzo.

Dopo secoli di abbandono i due muri perimetrali che proteggono la citta' sono quasi scomparsi.

08 novembre 2005

UN BIMBO IN PRESTITO

Questo è periodo di visite a Pohnpei. La Repubblica di Palau, nostro vicino di casa qualche migliaia di kilometri ad ovest,sta ospitando un paio di meeting mondiali sulle barriere coralline e praticamente tutti coloro che lavorano in questo settore sono attualmente laggiù. Ma poichè per andare dagli Stati Uniti a Palau si può passare da Pohnpei, svariate persone hanno deciso di fare sosta quaggiù e per noi ci sono stati giorni intensi di corse all’aeroporto e tour dell’isola per svariati esperti e scienziati.
Una di loro ha portato con sé il suo piccolo di un anno e il piccolo ha passato un sacco di tempo a casa nostra con Sebastian e due tate – una assunta per l’occasione. Nonostante lo scetticismo di tutti – i due cuccioli sono troppo piccoli per apprezzarsi a vicenda e a questa età tendono ad essere piuttosto possessivi – i bambini se la sono spassata un sacco.
Devo tuttavia ammettere che nonostante i giorni passati insieme non ho ancora capito il nome del nostro ospite. La madre è una scienziata mezza hawaiana e mezza svizzera veramente straordinaria, direttrice di quella che sta per diventare la più grande area protetta al mondo. Il padre è un uomo d’affari Maori (Nuova Zelanda, tanto per capirci quelli del canto di guerra degli All Blacks di rugby). Il nome completo del bimbo è lungo una decina di metri. È tradizione maori infatti dare al nuovo nato il nome degli antenati, e la tradizione orale dei maori è tale che possono tracciare a voce il loro albero genealogico indietro qualche migliaio di anni fino al nome della canoa con cui sono arrivati. Se si pensa che poi questo bimbo ha anche i nomi della tradizione hawaiana.... beh le cose diventano complicate. Il mio problema è che io non sono riuscita nemmeno ad imparare il nome breve. Quello, tanto per capirci con cui lo chiama sua madre. Per fortuna che Sebastian continuava a puntare il dito e a chiamarlo “baby”, mi ha evitato un bel po’ di brutte figure!

Ooooh Baby!

Chiaramente il piccolo e' fisicamente diverso da Sebastian. Fianchi strettissimi e muscoli gia' belli in evidenza per questo bellissimo cucciolo del Pacifico.

Quanto si sono divertiti a giocare nell'acqua e spruzzandosi a vicenda!

Nonostante l'interesse per gli stessi giochi non c'e' mai stato uno screzio.